Sono passati 26 anni dalla conclusione della serie animata di Slam Dunk, rimasta sostanzialmente incompiuta rispetto al fumetto originale, a cui Takehiko Inoue aveva dato una chiusura. Nelle ultime toccanti tavole, il maestro stupì con un finale spiazzante e profondo che fece breccia nel cuore degli appassionati.

Nell’anime mancava quel tassello fondamentale, nonché uno dei picchi più alti del manga: la partita dello Shohoku contro il Sannoh, una delle squadre più forti del Giappone.

Il maestro Inoue quindi decide di raccontarci al cinema proprio quella parte di storia, e lo fa dirigendo il suo primo film da regista chiamato The First Slam Dunk. Le serie animate e i film di Slam Dunk non sono stati mai girati da lui. Veniva nominato come semplice supervisore, intervenendo molto limitatamente nella produzione. Anche per questo ha preso più volte le distanze dalla serie animata, non considerandola del tutto sua. In questo caso invece, ha voluto prendere le redini del progetto, per dare il suo inconfondibile tratto.

Abbiamo visto il film in anteprima al cinema moderno di Roma, grazie al supporto di Anime Factory e Plaion, ai quali rivolgiamo un sincero ringraziamento in primis per l’invito, ma soprattutto per aver portato in Italia questo meraviglioso prodotto cinematografico che ha superato ogni più rosea aspettativa.

Ci dobbiamo infatti sbilanciare subito: il film è straordinario. In questo cambio di media e paradigma, il mangaka ha saputo dare vita ad un audiovisivo indimenticabile, vero sogno per ogni amante di Slam Dunk e non solo. Infatti è così ben scritto e prodotto, che può piacere anche a chi non conosce l’opera originale.

Sembrava impossibile, ma ci sono riusciti. Trasportare le tavole originali e il tratto dell’autore in un anime moderno, mischiato con tecniche avanzate di cell-shading in computer grafica, non era un’impresa facile. Pensate che la produzione del film è durata 4 anni, ben al di sopra alla media di sviluppo di un anime giapponese. Questo perché il regista e autore del manga originale ha fatto di tutto per creare qualcosa il più vicino possibile al suo tratto, seppur sfruttando le nuove tecnologie per permettere di utilizzare movimenti di camera, dei soggetti e dei fondali in maniera li più possibile realistica.

Il processo è stato lungo poiché il tutto è partito da storyboard dell’autore, che ha disegnato frame per frame delle intere sequenze. Viene dimostrato nelle prime sequenze del film, con un’introduzione mozzafiato che racchiude il processo produttivo e mette in mostra gli sketch in movimento del mangaka.

Ogni scena è stata disegnata dall’autore, per poi essere mandata in lavorazione agli animatori 3D. Una volta completata una prima prototipazione dei movimenti con l’uso di modelli in tre dimensioni, hanno rispedito il tutto ad Inoue che ha lavorato sulle scene 3D in movimento, aggiungendo tratti, sfumature, dettagli, migliorie e tutto ciò che era necessario per trasmettere la sua visione di Slam Dunk. Non era raggiungibile con una sola iterazione, quindi ogni sequenza è stata revisionata da lui e rimandata agli animatori, per poi essere ricontrollata e modificata ancora e ancora, fino alla soddisfazione del regista.

Il risultato è un ibrido tra disegni in movimento di Inoue e computer grafica di alta qualità, con movimenti fluidi e estremamente dinamici, sia nei movimenti dei soggetti che della telecamera. Qualcosa di unico che, a prima vista, può sembrare un po’ straniante. In molti, dopo aver visto il primo trailer ufficiale del film, si sono preoccupati per quella che sembrava una scelta rischiosa e poco affine con l’opera originale.

Niente di più sbagliato. Dopo pochi minuti di film, si riesce a capire il potenziale di questa tecnica e, soprattutto, si intravede in ogni singolo frame il tratto dell’autore nonché la cura e l’impegno infinito necessari per sviluppare un progetto in questo modo. Tutto ciò ha permesso il raggiungimento di un traguardo sorprendente: la produzione della perfetta trasposizione animata di uno dei capitoli degli spokon più memorabili di sempre. Tavola per tavola. Vignetta per vignetta. Ed è incredibile.

Ma non solo. La sceneggiatura non segue per filo e per segno il manga. La partita contro il sannoh, che alcuni di voi conoscono già grazie al manga, si alterna a frequenti flashback che raccontano la storia di Ryota Miyagi, playmaker dello Shohoku. Personaggio che, grazie a questo film, acquisisce nuova profondità e spessore. La forza del film quindi non è soltanto il tratto del maestro e il comparto tecnico. Ciò che vince e lo rende eccezionale è la sceneggiatura, la storia e i personaggi. L’abilità di scrittura di Takehiko Inoue  è inconfondibile e, nonostante il cambio di media, riesce a toccare delle corde che riescono ad emozionare e a commuovere in più punti della storia.

Quello che viene da pensare è quanto possa essere immenso un artista come Inoue per riuscire a sfiorare l’essenza dell’anima di chi scruta una sua opera grazie ai suoi personaggi e alle loro storie. Le emozioni dei protagonisti sono palpabili, le viviamo noi stessi. Quanto siamo fortunati a vivere in un’epoca in cui esiste un autore del genere. E non ci riferiamo soltanto a questo film, ma a tutte le altre opere su cui troviamo la sua firma.

In questo ennesimo capolavoro del maestro, ci si emoziona eccome. Si parla di amore, di fratellanza, di passione, di perdita, di dolore, di rammarico, di paura, ma anche di forza, di coraggio e di voglia di rivalsa.

Chiaramente il tutto è condito da una massiccia dose di sequenze di basket. In particolare la partita con l’imbattibile Sannoh ha un ritmo molto serrato ed estremamente dinamico, che rispecchia perfettamente i tempi di un reale match, o almeno li simula alla perfezione. Non ci sono momenti morti, è tutto maledettamente frenetico. Qui la regia da il proprio meglio: inquadrature e movimenti di camera al limite, cambi di angolazione improvvisi, primi piani dei giocatori alternati a dettagli del campo o del pubblico.

In queste fasi poi, il tutto è supportato da una colonna sonora con chitarre elettriche piene, corpose e metalliche con riff tipicamente metal ma con basi arricchite da cassa in quattro con influenze elettroniche. Canzoni perfette per far salire l’adrenalina nei punti giusti. In generale tutte le musiche sono usate in maniera sapiente e oculata. Nelle parti più narrative, la musica quasi scompare servendo soltanto un sottofondo morbido utile a stimolare le sensazioni, mentre abbiamo un incremento di volume e di potenza nelle fasi d’azione. Tutto perfettamente calibrato.

Poi in questo film la musica e gli effetti sonori sono fondamentali, come lo è il silenzio. Silenzio che arriva nei momenti giusti. E toglie il fiato.

Il film è stato campione d’incassi in Giappone, superando Avatar: le vie dell’acqua e c’è un motivo. Oltre ad essere un grande film d’animazione e il debutto alla regia di uno dei più grandi mangaka della storia, è una pellicola che funziona perfettamente al cinema. La qualità delle animazioni, l’unicità del tratto e dell’immagine acquisiscono un potere travolgente su un maxi schermo e le colonne sonore, con un buon comparto audio, danno sensazioni uniche. Per questo ci sentiamo caldamente di consigliare a tutti la visione di questo film al cinema il 10 maggio in anteprima in versione originale sottotitolata e dall’11 al 17 maggio in versione doppiata. Noi abbiamo visto la versione originale in giapponese, quindi al momento non conosciamo il lavoro fatto dai doppiatori nostrani. Non ci resta che rivedercelo in italiano al più presto, visto che ci è rimasta la voglia di rivederlo ancora e ancora.

Naturalmente attendiamo un’edizione speciale in homevideo, che speriamo arriverà il prima possibile, magari con una collector speciale. Questo film si è meritato il posto accanto ai manga di Slam Dunk.

A seguito potete trovare il trailer ufficiale in italiano di Anime Factory:

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